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Massimiliano Altobelli, Investigatore Privato a Roma, autorizzato dalla Prefettura dal 1995, svolge personalmente indagini con l'ausilio della più moderna tecnologia investigativa, fornendo al committente prove legalmente valide. Consulenze e Preventivi gratuiti 24/24 - 7/7. Tel.: 336.340.007 http://www.maximedetective.net

martedì 14 aprile 2015

Era in malattia con le stampelle ma andava a correre: licenziato.


In molti anni di carriera mi è capitato in molte occasioni di svolgere investigazioni private nei confronti di dipendenti e devo dire che, nella maggior parte dei casi, i miei Clienti avevavo ragione e hanno ottenuto le prove necessarie. vero è che quando si arriva a commissionare un'investigazione privata e di conseguenza spendere del denaro, sicuramente si hanno più che semplici sospetti vaghi, bensì quasi delle certezze e di conseguenza mancano solo le prove.
Devo dire che nei tanti casi del genere che ho fatto ricordo la persona "gravemente malata" alla gambe che faceva gare podistiche, oppure l'insegnate di scuola privata a cui, per "gravi motivi lavorativi" si era abbassata la vista, ma che in realtà lavorava in uno studio medico, da cui per conincidenza erano stati anche fatti i suoi certificati, in cui prendeva gli appuntamenti per i clienti, scrivendo di suo pugno gli orari..ecc. ecc. potrei citarde decine..

Il punto però è un altro. Molte persone non si rendono conto che usando la malattia come scusa per assentarsi non la mettono in "quel posto" solo all'azienda per cui lavorano, ma spesso anche ai loro colleghi che sono costretti a svolgere mansioni e/o orari che non gli competono..

Nel pubblico bisognerebbe "mettere il naso", non solo nel privato.. Con la "104", ecc.ecc.

Faccio un appello: Sindaco di Roma, chiamami. Il primo lavoro lo faccio anche senza compenso, tanto per presentarmi.

Massimiliano Altobelli - Investigatore Privato a Roma




Era in malattia con le stampelle ma andava a correre: licenziato.




Dipendente della De Rigo Vision di Longarone pedinato
da un investigatore privato: il certificato medico parlava di caviglia rotta.

BELLUNO - «È in malattia per la caviglia rotta, ma fa corsa di fondo». Una segnalazione "sibillina" che, nell’estate del 2012, ha fatto scattare il controllo dell’azienda per la quale l’operaio lavorava. È così che la De Rigo Vision di Longarone ha assoldato un investigatore privato e ha fatto pedinare il suo dipendente. Alla fine lui è stato mandato via dal lavoro e ora si trova anche a processo per truffa.

È emerso nel processo in cui è imputato G.F, 48 anni originario di N. ma residente a Belluno, difeso dall’avvocato M. G.. Ieri mattina in tribunale a Belluno di fronte al giudice A. C., rispondendo alle domande del pm S. R. ha parlato l’investigatore privato.

L’uomo ha raccontato degli appostamenti del luglio 2012 e del settembre 2012, ordinati dall’azienda Rigo Vision. Il risultato più eclatante è stata la «discontinuità nell’uso delle protesi». O meglio F. che era in infortunio per un «trauma distrattivo della caviglia sinistra» a luglio si muove senza protesi.

A settembre emerge che quando l’operaio va alla visita in ospedale a Belluno per gli accertamenti sull’infortunio entra con le stampelle. Ma è l’unico momento in cui le utilizza: non gli servono quando poi va a fare la spesa o quando gioca con i bimbi, o quando addirittura porta le borse della spesa o carica il peso proprio sulla caviglia "malata" restando solo sul piede sinistro.

Il dvd con le foto viene consegnato all’azienda che incarica un medico legale, che ieri ha illustrato la relazione redatta. «Deambulava liberamente», ha sottolineato anche il medico.

L’ex operaio della De Rigo Vision di Longarone il 10 luglio 2012 appoggiò male il piede sul marciapeide mentre entrava al lavoro. L’infortunio inizia con una prognosi di 15 giorni per protrarla in più segmenti fino al 16 ottobre 2012: per tre mesi totali. L’operaio svolgeva in fabbrica le sue mansioni da seduto. Si torna in aula il 18 settembre quando verrà sentito Piter De Rigo, l’ex titolare.

Fonte: ilmattino.it

mercoledì 8 aprile 2015

“Prendere il cellulare dell’ex fidanzata per leggere gli sms è rapina”


Dico: Finalmente! Sono mesi e mesi che dico ai Clienti di non pensare a nessun tipo di attività che comprende l'uso del cellulare del proprio coniuge e/o fidanzato perchè è un illecito!
Altresì dico sempre i dubbi si RISOLVONO avendo le prove da una investigazione privata, che permetterà di ottenere prove valide in Tribunale, relazioni dettagliate e fotografie e/o filmati che non lasciano alcun dubbio. 

Purtroppo invece ci sono molti "colleghi" e molti abusivi totali (ad esempio negozianti che vendono apparati investigativi) che consigliano "caldamente" di inserire spy software nei telefoni del coniuge o del fidanzato/a e così via.. Ovviamente i Clienti sono tutti contenti di vedere copia dei messaggi e di sentire il proprio coniuge che parla al telefono, sottovalutando il rischio che stanno correndo, per il GRAVE REATO che stanno facendo..

Dopo questa Sentenza della Cassazione spero che non si prenda più alla "leggera" questa situazine, anzi questa abitudine..

In poche parole la riassumo così: "cari" i miei "colleghi" è ora di finirla di trafficare in tabulati telefonici e in spysoftware telefonici perchè FINALMENTE il reato che commettete e/o che fatte commettere ai Vostri Clienti è giudicato molto severamente, in quanto considerato molto grave..

Poi ci saranno pure persone che fanno questo tipo di avvità senza essere consigliati da pseudo colleghi, ci mancherebbe.. ma sono anni che dico e scrivo ovunque di dubitare quanto si leggono annunci del tipo: investigazioni fai da te..oppure apparati per fare da soli gli investigatori privati.. 

Poi ecco che succede..che una persona venga condannata per rapina! Pensate a quanto "deve essere bello" (inronicamente ovviamente) avere precedenti per rapina.. una bellezza..


Massimiliano Altobelli - Investigatore Privato a Roma




“Prendere il cellulare dell’ex fidanzata per leggere gli sms è rapina”.




È così la Cassazione ha condannato a due anni e due mesi un giovane che aveva rubato il telefonino. "L'instaurazione di una relazione sentimentale fra due persone appartiene alla sfera della libertà e rientra nel diritto inviolabile all’autodeterminazione fondato sull'articolo 2 della Costituzione".

La gelosia che diventa reato. Anche grave come la rapina. E così chi si impossessa di un cellulare, sottraendolo al legittimo proprietario, al solo fine di “prendere cognizione dei messaggiche la persona offesa abbia ricevuto da altro soggetto” commette una rapina e in più “violando il diritto alla riservatezza” perché incide “sul bene primario dell’autodeterminazione della persona nella sfera delle relazioni umane”. È così la Cassazione ha condannato a due anni e due mesi un giovane che aveva rubato il cellulare della ex strattonandola ed entrando in casa sua.
Con questa decisione, i supremi giudici hanno stabilito che la finalità di sottrarre un cellulare per leggerne il ‘contenuto’ “integra pienamente il requisito dell’ingiustizia del profitto morale”. In questo caso, “la pretesa” di un 24enne pugliese di “‘perquisire il telefono della ex fidanzata alla ricerca di messaggi, dal suo punto di vista compromettenti, assume i caratteri dell’ingiustizia manifesta, proprio perché, violando il diritto alla riservatezza, tende a comprimere la libertà di autodeterminazione della donna“.
Inoltre la Cassazione – con il verdetto 11467 della Seconda sezione penale, depositato oggi – ricorda che “l’instaurazione di una relazione sentimentale fra due persone appartiene alla sfera della libertà e rientra nel diritto inviolabile all’autodeterminazione fondato sull’articolo 2 della Costituzione, dal momento che non può darsi una piena ed effettiva garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo (e della donna) senza che sia rispettata la sua libertà di autodeterminazione”. Per la Suprema Corte, “la libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale comporta la libertà di intraprendere relazioni sentimentali e di porvi termine” e nessuno può avanzare “la pretesa” di “perquisire” i cellulari altrui, soprattutto delle ex e degli ex, per cercare ‘prove’ di nuove o preesistenti relazioni.
Il giovane uomo aveva cercato di difendersi sostenendo che la sua azione non era stata “ingiusta” perché voleva solo “dimostrare al padre della sua ex fidanzata, attraverso i messaggini telefonici, i tradimenti perpetrati dalla figlia“. Questa ‘spiegazione’ non ha impedito la condanna per rapina e a nulla è servito all’imputato far presente che nella fase cautelare il Tribunale del riesame “aveva escluso il reato di rapina reputando insussistente il requisito dell’ingiustizia del profitto.

Fonte: ilfattoquotidiano.it